Medici e infermieri ucraini
Arrivati 2.200 professionisti della sanità dall’Ucraina nel 95% dei casi sono donne e si tratta soprattutto di infermieri, medici di medicina generale e psicologi
Fino a oggi circa 2.200 professionisti della sanità sono arrivati dall’Ucraina, nel 95% dei casi sono donne e si tratta soprattutto infermieri, medici di medicina generale e psicologi.
Mentre le richieste di infermieri e medici, arrivate da tutte le regioni, sia da strutture pubbliche che private, incluse numerose da RSA, sono già oltre 1.000.
Lo rendono noto l’Associazione medici di origine straniera in Italia (Amsi) e l’Unione Medica Euro mediterraneo (Umem), che fanno un primo bilancio a distanza di 10 giorni dal decreto ‘Misure urgenti’ per l’Ucraina pubblicato nella Gazzetta del 21 marzo, che consente a medici e infermieri ucraini di poter svolgere temporaneamente la professione in Italia. Le regioni da cui sono arrivate più richieste di professionisti sanitari ucraini, precisano Amsi e Umem, sono Veneto (250), Lombardia (130), Piemonte (90) Sicilia (80), Liguria (70), Emilia Romagna (70), Lazio (60), Piemonte (60), Campania (40), Umbria (35), Sardegna (35), Friuli Venezia Giulia (20), Toscana (25), Calabria (15), Abruzzo e Trento (10).
“Ci spiace – dichiara Foad Aodi, presidente Amsi e Umem, membro commissione Salute Globale Fnomceo – leggere le numerose polemiche che hanno fatto seguito a questo decreto, che assomiglia a quanto prevedeva lo stesso Decreto Cura Italia (art. 13)”. Entrambi hanno infatti finalità di solidarietà: “il primo nei confronti dell’Italia, il secondo nei confronti dell’Ucraina, e in entrambi i casi per un periodo di tempo determinato”.
Chi deciderà di rimanere in Italia, aggiunge, “dovrà fare la stessa pratica come hanno fatto i numerosi medici e infermieri stranieri per far riconoscere il loro titolo di laurea in Italia e l’esame in lingua italiano per iscriversi all’Ordine professionale“. Ai tanti che chiedono perché questo trattamento riguardi solo i professionisti dell’Ucraina e non sia stato fatto per altri paesi, conclude Foad Aodi, “deve rispondere il Governo”.